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Il Monte Arci, a passeggio tra i boschi dell’antico vulcano

Un bosco, un immenso grande bosco in cui poter godere dei colori delle stagioni, un grande monte che accoglie chiunque arrivi alle sue pendici e decide di scoprirlo, immaginandone l’immensità, passo dopo passo. 

Il Monte Arci è uno dei più importanti in Sardegna, sui suoi versanti sorgono diversi paesi o frazioni di ben undici centri della provincia di Oristano: Ales, Masullas, Marrubiu, Morgongiori, Pau, Palmas Arborea, Santa Giusta, Siris, Usellus, Villaverde, Villaurbana. In tutti questi paesi c’è una strada che porta verso il verde rigoglioso e spontaneo del Parco Regionale che si estende per 270 chilometri quadrati. I sentieri che si possono percorrere sul Monte Arci sono numerosi e per tutti. Sul sito “parcomontearci.it” è possibile scegliere il percorso più adatto. 

Durante le passeggiate in mezzo a questa natura incontaminata ci si può imbattere in querce secolari, tanto grandi che si fa fatica ad immaginare quanti anni possano avere. E poi i ruscelli che scorrono accanto a praterie di ciclamini rosa e a flora tipica del Mediterraneo, una vera e propria pace per i sensi. I grandi tavoli di pietra sono stati realizzati diversi decenni fa e sono ad uso pubblico, ricordando il rispetto e la pulizia dell’ambiente. Non è difficile incontrare distese di ossidiana, l’antica pietra nera di origine vulcanica (nel paese di Pau si può visitare anche un museo interamente dedicato all’ossidiana). Il ritrovamento di utensili in ossidiana, in particolare frecce da caccia, è la testimonianza della presenza degli abitanti sul Monte Arci in epoca preistorica. I punti di interesse sono diversi ed imperdibili: “Sa Trebina Longa”, un torrione basaltico a tronco conico si erge per 30 metri sull’altopiano a 812 m.s.l.m., nel territorio di Morgongiori. I percorsi del Monte Arci sono praticabili a piedi per lunghe passeggiate o trekking, in mountain bike, e molti sentieri portano a sorgenti di acqua fresca o panorami mozzafiato da cui si può ammirare tutto il Golfo di Oristano.

San Giovanni di Sinis - stm mimmoandrone

San Giovanni di Sinis, un tuffo tra natura e archeologia

Un forte lembo di terra protegge il versante nord del Golfo di Oristano, è San Giovanni di Sinis, nel comune di Cabras. E’ un luogo in cui le tonalità dell’azzurro del mare si mescolano con il verde della macchia mediterranea e l’oro della sabbia finissima e dei ruderi di arenaria degli antichi edifici della antica città di Tharros che fu un porto sicuro per i commerci nel Mediterraneo.  
San Giovanni di Sinis è soprattutto un gioiello che conserva millenni di storia e archeologia e che custodisce ancora tanti segreti che nessuno ha ancora scoperto.  Il primo incontro che si fa, è con la suggestiva chiesa paleocristiana in arenaria edificata nel VI Secolo.

Dal punto di vista naturale, gli arenili di San Giovanni di Sinis sono tutti diversi tra loro per estensione: alla spiaggia nota come “degli Scalini”, si accede attraverso due percorsi in legno posizionati su una parete di roccia. La spiaggia può essere stretta o più spaziosa, a seconda delle mareggiate e il fondale è caratterizzato dalla presenza delle secche. “Lo Spiaggione”, il nome parla da sé, è una spiaggia molto ampia, spaziosa e qui il distanziamento è garantito. Una lunga passeggiata sulla riva vi porterà ad ammirare la grande Torre dal basso. 

Il promontorio su cui svetta la Torre di San Giovanni, posizionata a 50 metri sopra il livello del mare, fu costruita durante il periodo di dominazione spagnola a cui la Sardegna dovette sottostare tra la fine del XVI e l’inizio del XVII secolo, in alcuni periodi dell’anno può essere visitabile. Da lassù si gode di un ottimo panorama su tutto il Golfo di Oristano e dall’altro lato si può ammirare l’immensità del Mar di Sardegna, immaginando che a poche centinaia di chilometri si possano incontrare le coste dell’isola spagnola di Maiorca. Sempre dall’alto, è possibile notare l’ampia struttura della città fenicio punica di Tharros, l’area archeologica in cui si può accedere durante tutto l’anno. È qui che troviamo altre spiagge, un istmo separa il mare aperto dal mare più calmo del Golfo. 

La nostra passeggiata lungo la stradina sterrata, accessibile solo ai mezzi autorizzati, può prendere due strade: a destra si procede verso il faro ed un altro immenso promontorio, quello di Capo San Marco; a sinistra si procede passando accanto a poche ville private costruite nella seconda metà del secolo scorso, fino ad arrivare alla piccola spiaggia de “La Caletta”, meta ambita dai marinai oristanesi per trascorrere qualche ora di relax a bordo della propria imbarcazione in un luogo riparato dal vento. Qui, non è difficile incontrare qualche volpe ed altri splendidi abitanti della macchia mediterranea, che, ricordiamolo, non devono essere avvicinati. Tutta l’area di San Giovanni di Sinis ricade all’interno dell’Area Marina Protetta Sinis Mal di Ventre e pertanto, le regole sul rispetto e la tutela dell’ambiente sono molto rigorose. 

Credits foto: IG @mimmoandrone

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“Su portu de su Trigu”, la spiaggia che fu circondata dall’oro

Il Sud Sardegna è un luogo da scoprire, le sue calette nascoste sembrano essere dei mondi in cui il tempo scorre a rilento.  La spiaggia di Su Portu de su Trigu (il Porto del Grano), prende il nome dall’attività agricola votata alla coltivazione del grano che fioriva nei decenni scorsi nell’entroterra della zona del comune di Sant’Anna Arresi, nel Sulcis.

L’arenile si estende per circa 80 metri di lunghezza, e non sempre si è certi di poter trovare la spiaggia. Avete letto bene: infatti, in seguito al lavoro delle mareggiate, talvolta la spiaggia scompare e restano le rocce di arenaria. Ma quando la sabbia resta depositata in grande quantità, è bianca e fatta di ciottoli di tutti i tipi. Ricordate che la sabbia è protetta, è un bene di tutti che non si può portare a casa. 

Il colore del mare varia dall’azzurro al verde, il fondale è adatto per praticare lo snorkeling perciò non dimenticate le pinne, la maschera o un paio di occhialini. Il fondale è a trarti roccioso ed in alcuni punti può risultare profondo. Le praterie di posidonia sono la casa di tanti animali marini, sentitevi ospiti. Durante una nuotata potrete scorgere l’Isola di Sant’Antioco. 

Nella zona circostante, tra la macchia mediterranea domina una pineta a Pino d’Aleppo in cui si può trovare ristoro dalle giornate più calde. 

Credits foto: IG @_dariuus_

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11 Aprile, celebriamo il mare!

E’ al mare che molti di noi si rivolgono quando cercano una risposta che non si trova. E sempre quei molti di noi hanno i ricordi più belli legati proprio alle giornate trascorse davanti alle onde, immersi nell’acqua salata, con la sabbia sotto i piedi ed il sole a scaldare la pelle. 

Noi, molti di noi, tutti, abbiamo una sola occasione per proteggere il nostro tesoro blu: lo dobbiamo preservare dall’inquinamento, abbiamo il dovere tutelare le biodiversità dell’ecosistema marino. Dobbiamo tutelare il mare dal nostro vivere poco ecosostenibile, dobbiamo capire che è fonte di vita e che può essere anche una risorsa preziosa se ne attingiamo in modo logico, se lo gestiamo in maniera efficace. 

In Italia l’11 aprile si celebra la Giornata Nazionale del Mare, istituita con decreto legislativo 229/2017. Si tratta di un momento in cui si intende valorizzare il mare come risorsa culturale, scientifica, ricreativa ed economica. La data italiana è anche l’occasione per sensibilizzare i più giovani nei confronti di queste tematiche e nel rispetto dell’ambiente marino e dei suoi abitanti. 

In quanto isola, la Sardegna gode della meraviglia blu, il legame che tutti gli isolani del mondo hanno con il mare è di tipo viscerale, intimo, di una potenza straordinaria. Sensazioni quasi impossibili da spiegare a chi il mare non lo vive appieno. Nei confronti del mare si vive quasi in religioso rispetto. La sua importanza è sempre stata strategica per le civiltà del passato e lo è anche per i popoli di oggi. 

Dal punto di vista ambientale, intorno al mare ruotano molte leggi e norme volte alla sua protezione, ma non sempre è facile farle rispettare. La creazione delle Aree Marine Protette ha reso più sensibili i cittadini che hanno potuto godere maggiormente di zone costiere quasi incontaminate. 

In Italia sono 27 le aree marine protette, 2 i parchi sommersi per un totale di 228.800 ettari di mare e 700.000 km di costa. In Sardegna le AMP sono cinque, la superficie ricoperta da queste zone preziose supera i 133 mila ettari: 

  • Area Marina Protetta Penisola del Sinis – Isola di Mal di Ventre.
  • Area Marina Protetta Tavolara – Punta Coda Cavallo.
  • Area Marina Protetta Capo Caccia – Isola Piana.
  • Area Marina Protetta Capo Carbonara.
  • Area Marina Protetta Isola dell’Asinara.

Ci sono poi, dei luoghi incantati che non fanno parte delle AMP ma sono comunque molto tutelati sia da parte delle amministrazioni locali che dai cittadini stessi. Luoghi, quelli in elenco, che non si possono perdere durante una vacanza, seppur breve nel cuore del Mediterraneo.  

L’Italia, insieme al Regno Unito, Germania, Francia e Spagna è uno dei Paesi che contribuisce maggiormente alla vitalità dell’Economia Blu dell’UE. Se saremo in grado di tutelare l’ecosistema marino, potremo beneficiarne tutti e sempre. Solo per fornire alcuni dati: dal Rapporto Ioc-Unesco 2021 è emerso che è necessario che ciascun Paese adotti una gestione 100% sostenibile delle proprie acque nazionali entro il 2025 con azioni combinate (dallo sviluppo di energia rinnovabile basata sull’oceano allo stoccaggio del carbonio nei fondali marini) che potrebbero ridurre il divario delle emissioni fino al 21% su una riduzione di 1,5 °C e fino al 25% su una riduzione di 2 gradi centigradi. 

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Sinis, la sabbia rubata torna a casa

Ogni anno centinaia di chili di sabbia vengono rinvenuti nei bagagli dei turisti che lasciano la Sardegna dagli scali portuali e aeroportuali. Bottiglie e sacchetti ben stipati tra maglie e pantaloni, al loro interno il quarzo bianco del Sinis, i ciottoli dell’Ogliastra, la sabbia fine di Villasimius e poi conchiglie di tutti i tipi! 

Da circa 20 anni gli addetti alla sicurezza dello scalo aeroportuale di Elmas che controllano ai raggi X le valigie, requisiscono il materiale asportato dai litorali, lo sistemano negli scatoloni, lo suddividono in base alle spiagge di appartenenza e a fine stagione, a bordo delle loro auto, in modo del tutto volontario riportano il maltolto al legittimo proprietario: la Natura. 

Alcuni dipendenti degli scali sardi si sono riuniti in nell’associazione “Sardegna Rubata e Depredata”, e attraverso i social vanno avanti anche con un’attività di sensibilizzazione e comunicazione sul delicato tema ambientale. 

Si tratta di un gesto di estrema sensibilità e massimo rispetto nei confronti dell’ambiente a cui da due anni si è aggiunto il lavoro delle Sentinelle, dei volontari del Comune di Cabras che battono le coste del Sinis in piena estate per sensibilizzare i bagnanti. 

Durante la primavera 2021, dagli scali sardi sono tornati in spiaggia ben 200 chili di granelli di quarzo di Is Arutas. Nel 2020 tornarono indietro 6 quintali di sabbia bianca, il dato è in calo per via del decremento subito dalla stagione turistica nell’estate 2020 a causa della pandemia. 

Oltre alla sabbia di quarzo, prediletta dai turisti in partenza, il presidente dell’Associazione, Franco Murru, ha restituito anche quattro casse contenenti ulteriore materiale marino, in particolare conchiglie, che verranno censite dagli esperti del CNR anche per verificare la presenza di gusci particolari, come quello della Patella ferruginea, specie in via di estinzione a causa del prelievo incontrollato nel tempo.

Molti turisti, ma anche tanti sardi, non conoscono l’articolo 1162 del codice della navigazione che, per chi preleva la sabbia dall’arenile, prevede una sanzione che va da un minimo di 1.549,00 ad un massimo di 9.296.”

Come se non bastasse, la Regione Sardegna nel 2017 con la legge 16 ha voluto imprimere, con maggiore decisione, un freno ai furti di sabbia istituendo controlli da parte del Corpo Forestale in porti e aeroporti durante il periodo estivo. Sono parecchi i turisti che incorrono nel pagamento di sanzioni che possono arrivare anche a tremila euro nel caso in cui nei loro bagagli venisse rinvenuto del materiale proveniente dai litorali.

Come fare per tutelare la sabbia e poter godere della bellezza delle spiagge? Dal Comune di Cabras spiegano che “è risaputo inoltre che il pericolo non deriva solo da un asporto attivo.

Chi si reca in spiaggia è bene che usi tutte le precauzioni prima di allontanarsi dalla spiaggia. Le aree di scuotimento, ossia le zone che si trovano nella prima parte delle passerelle disposte lungo il litorale, sono segnalate dalla cartellonistica e hanno una funzione specifica indispensabile: il bagnante ha il dovere di sostarvi e far ricadere sull’arenile ogni granello. Stessa accortezza va usata per evitare che la sabbia resti all’interno delle borse o incastrata fra le pieghe dei teli da mare.”

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Porto Palma, Punta Niedda

Punta Niedda è una scogliera non lontano dal villaggio di pescatori di Tunaria, vicinissimo alla famosa località turistica di Torre dei Corsari. La baia di Porto Palma, conosciuta come Tunaria si trova a ridosso di una caletta riparata da maestrale ideale all’approdo delle imbarcazioni.

In passato era conosciuta come come Tonnara di Flumentorgiu, nel il secolo scorso borgo di pescatori, dediti alla pesca e alla lavorazione del tonno, da cui deriva il nome “tunaria” venne poi abbandonata poi per improduttività.

La tonnara presente anni fa venne venduta negli anni ’70, il nome della Società era “Porto Palma”, motivo per il quale la località è conosciuta anche con questo nome. L’emblema della tonnara era un leone in posizione eretta con una croce fra le zampe anteriori e doveva rappresentare con molta probabilità il simbolo della famiglia che aveva in proprietà la tonnara.

La località cinge un piccolo golfo, approdo sicuro per i pescatori. La piccola spiaggia di sabbia mista a pietrisco è raggiungibile da sentieri posti a intervalli irregolari nel villaggio. Il mare è di un azzurro intenso e i fondali si mantengono inizialmente bassi facendo assumere alle acque piacevoli gradazioni di colore man mano che ci si allontana dalla spiaggia.

L’intera zona durante il periodo spagnolo a cui risale la Torre di Torre dei Corsari incluse le due tonnare: quella di Perdas Albas (completamente scomparsa) e quella Porto Palma, quest’ ultima garantiva la produzione un terzo del tonno di tutta l’Isola.